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Immagine del redattoreAurora Redville

Recensione “SHUNGA immagini del desiderio nell’arte erotica del Giappone di ieri e di oggi”

Per la prima volta vi presento un libro sull’arte erotica giapponese, è stata davvero una scoperta interessante. La Nuinui ancora una volta ha pubblicato un volume di altissimo valore stilistico, grafico e artistico, sto parlando di “SHUNGA immagini del desiderio nell’arte erotica del Giappone di ieri e di oggi” di Elisabetta Scantamburlo.

Come sempre suggerisco la colonna sonora per la lettura della recensione, oggi la scelta ricade su Rewrite the Stars - Violin/Cello Version-The Piano Guys

Sfogliare le pagine è stato un ritorno al passato, le estati calde quando con i cugini ci ritrovavamo a casa degli zii e sfogliavamo tutto quello che trovavamo nella libreria, ricordo quando mi trovai tra le mani un libro particolare, era tutto in giapponese, probabilmente un bottino di viaggio, e lo sfogliai con mio cugino ridendo di quelle strane immagini. Da adulta si può apprezzare l’arte in tutte le sue forme e sicuramente questa è una forma d’arte, di una cultura così distante dalla nostra che stuzzica nel profondo la curiosità.




Gli Shunga venivano usati dalle coppie per divertirsi in camera da letto, alcuni genitori li regalavano alle figlie quando si sposavano, come ci svela nella prefazione Toshio Maeda “Tentacle Master”, si pensa che non avessero una funzione educativa, ma fossero usati piuttosto per il piacere dei loro elementi grafici. Il talento degli artisti li ha trasformati in favolose opere grafiche a tema sexxuale.

“Per fortuna l’oscena tradizione degli shunga è sopravvissuta al periodo Edo, esplorando le nostre fantasie.”

Una delle caratteristiche di queste immagini è la dimensione dei genitali, enormi, ci portano in un mondo utopico, fantastico che però resta ancorato alla realtà, situazioni che gli shunga ci raccontano del mondo reale. Un mondo di fantasia da cui emergono i cambiamenti sociali e culturali.

L’umorismo nell’arte erotica conferma che la cultura giapponese accoglieva con piacere tutto ciò che ruotava intorno alla sfera sessuale, si denota la centralità della sessualità sia nella natura umana che in quella sociale, ma anche di saper ridere delle debolezze dell’uomo e della donna.

Dopo l’occupazione americana nella seconda metà del XX secolo, purtroppo la situazione è cambiata, a causa degli standard morali occidentali, l’arte shunga era considerata pornografia oscena e così per molto tempo è diventata tabù.

Gli shunga sono una particolare produzione della corrente dell’ukiyoe, le famosissime immagini del mondo fluttuante, che ha caratterizzato gran parte della produzione Edo soprattutto attraverso le stampe. Con il rapido sviluppo di nuovi metodi di stampa aumentava così la diffusione di opere di qualità superiore a buon mercato.

All’inizio le stampe erano in bianco e nero, col tempo sono stati aggiunti i colori, a partire dal rosso fino ad un’ampia varietà, le stampe si sono fatte sempre più sofisticate, rendendo alla perfezione anche i tessuti, ombre e pioggia.

Molti studiosi concordano che gran parte degli ukiyoe, anche immagini non esplicitamente erotiche, avessero un implicito intento erotico. Stampe e dipinti innocenti di cortigiane, belle donne e attori avrebbero avuto comunque lo scopo di stimolare i sensi, sono persone che effettivamente erano disponibili a prestazioni sessuali. Alcuni Shunga mostrano diversi soggetti: donne, uomini, attori, monache che si masturbano, quindi si presume che molti ukiyoe avessero un intento erotico.




La parola shunga deriva dal cinese chungong hua (immagini del palazzo primaverile), con cui in Cina si riferiva alle opere che illustravano le relazioni sessuali tra uomo e donna. Nel periodo Edo, questo termine era utilizzato in associazione alle rappresentazioni erotiche, ma esistevano molti altri termini per riferirsi a queste immagini. Al tempo era più comune chiamarle osokuzu no (immagini dello stare distesi), warai-e (immagini esilaranti), e molti altri. Le immagini cinesi che hanno ispirato gli shunga si trovavano in manuali sessuali giunti in Giappone già a partire dal secolo VIII, che davano consigli su come svolgere l’atto sessuale…

Il pubblico degli Shunga è cambiato molto nel periodo Edo. Quando ancora non si era sviluppata la tecnica silografica le opere a carattere erotico erano commissionati da un pubblico facoltoso e aristocratico. Successivamente grazie alla stampa e alla diffusione, il pubblico si era allargato anche alle altre classi sociali. Purtroppo con una recensione non si può raccontare tutto ciò che racchiude questo volume, gli scritti, le immagini e le sensazioni, posso dirvi che la parte storica è davvero molto interessante, e le stampe e ciò che trasmettono non si possono riassumere in poche righe, proverò a suscitare la vostra curiosità con altri dettagli: Elisabetta l’autrice, ha suddiviso il libro in diverse parti, la prima “la prefazione” come ho già accennato, è stata scritta da Toshio Ameda, segue “l’introduzione” che spiega le caratteristiche principali di quest’arte, le origini, si racconta la diffusione di immagini erotiche provenienti dalla Cina, il potere degli organi sessuali, il periodo medievale…

Nella prima parte tratta il “Voyeurismo e sesso di gruppo”, ci tengo a precisare che non c’è niente di volgare in tutto questo e che c’è una forte connotazione del senso di divertimento da parte degli artisti e dei fruitori, fa parte della loro cultura.




Una parte è dedicata alla “Famiglia e i bambini” e il ruolo che rivestono nelle situazioni. “Sesso all’aperto” e “Sex Toys e masturbazione”, tutto fa sempre parte delle situazioni raffigurate, devo dire che alcune informazioni mi hanno stupita perché già allora esisteva il dildo (harigata) che riproduce le forme del pene, spesso molto accuratamente, o compare in diverse varianti, ma esistevano anche diversi sex toys più elaborati.

“Omosessualità” l’amore omosessuale rappresentato negli Shunga nella maggior parte dei casi mostra rapporti tra uomini, in particolare tra un adulto, spesso un monaco, e un novizio. La pratica di questi rapporti era comune, e spesso incoraggiata nei monasteri e trova la sua origine nel buddismo cinese. Sono solo alcune delle informazioni, ci sono altri capitoli che affrontano tematiche diverse, l’autrice ha fatto davvero un lavoro incredibile, sono sicura che apprezzerete anche voi questo percorso storico e artistico.

Ovviamente consiglio la lettura e la visione ad un pubblico adulto, credo che per apprezzare una così grande varietà di informazioni e immagini si debba avere una certa maturità.

Buona lettura

Aurora Redville

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